APPROFONDIMENTI

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Tematiche di investimento e selezione strumenti

Dott. Alessandro Vannelli
Articolo

BLOCKCHAIN

07-10-2021

Genesi di una nuova tecnologia

Per quanto possa sembrare recente, l’idea dietro alla tecnologia blockchain viene descritta già nel 1991 quando i ricercatori Stuart Haber e W. Scott Stornetta introducono una soluzione per la marcatura temporale di documenti digitali, facendo così in modo che questi non possano essere retrodatati o alterati: il sistema usa una catena di blocchi protetta crittograficamente. Nonostante nel 1992 la struttura venga resa più efficiente grazie alla possibilità di raccogliere diversi documenti in un unico blocco, questa tecnologia rimane di fatto inutilizzata e il brevetto scade nel 2004. È a questo punto che l’esperto informatico ed attivista crittografico Hal Finney introduce un sistema chiamato RPoW (Reusable Proof of Work), trovando una soluzione al problema del double spending[1] utilizzando un server fidato e consentendo agli utenti di tutto il mondo di verificare la correttezza e l’univocità in tempo reale; si può dire che RPoW rappresenta uno dei primi grandi passi all’interno di quella che sarà la storia del denaro digitale, identificandosi come precursore di Bitcoin, sul quale torneremo con future pubblicazioni.

Blockchain: cos’è?

Letteralmente “catena di blocchi”, non è altro che un registro dove vengono annotate delle transazioni: in sostanza, è una lista incrementale in continuo aggiornamento di record (blocchi) collegati tra loro e resi sicuri tramite l’utilizzo della crittografia. I dati che compongono un blocco sono per loro natura immutabili (semplificando, questi non possono essere alterati retroattivamente senza che vengano modificati tutti i blocchi successivi a quello manomesso) e contengono inoltre il codice che identifica il blocco precedente, così che sia possibile ripercorrere la catena all'indietro, fino ad arrivare al blocco originale. I partecipanti al sistema vengono definiti “nodi” e sono connessi tra di loro in maniera distribuita, scambiandosi informazioni in maniera del tutto decentralizzata; tutti i nodi della rete memorizzano ognuno dei blocchi e quindi l’intera blockchain.

Ricapitolando, la blockchain si dice un registro aperto e distribuito, che può memorizzare una transazione tra due parti in modo sicuro, verificabile e permanente. La natura distribuita e il modello cooperativo rendono il processo di validazione particolarmente sicuro e stabile (a fronte di determinati tempi e costi per l’esecuzione dell’operazione).

Esistono blockchain globali come quella usata da Bitcoin, ma si possono creare anche blockchain isolate, ad esempio registri proprietari di una singola azienda, con risvolti che esulano dal settore criptovalute.

Ambiti di applicazione

Identificazione univoca dei soggetti coinvolti in una determinata transazione e relativo tracciamento, rendono quella della blockchain una tecnologia utilizzabile in molteplici ambiti: nella pubblica amministrazione diviene possibile implementare un unico sistema di identificazione ed interfaccia ai servizi pubblici statali; in campo finanziario l’identificazione tramite blockchain rende assai più agevole l’applicazione delle norme KYC e AML (know your customer; anti money laundering); nel mercato della moda il tracciamento dell’intera filiera ambisce a prevenire il fenomeno della contraffazione; le aziende del settore agroalimentare possono provare la provenienza dei propri prodotti. Proviamo a riflettere, cerchiamo di comprendere davvero come nell’ultimo esempio una innovazione di tale portata possa ripercuotersi sulla vita di tutti noi: nel caso in cui una materia prima utilizzata dovesse risultare nociva in qualche test di controllo, sarebbe possibile risalire agli esatti prodotti da ritirare dal mercato, identificandoli con facilità, velocità e precisione assolute.

La blockchain può inoltre essere utilizzata per comprovare autenticità e proprietà di un determinato bene: basti pensare ad esempi applicativi come l’autenticazione di un titolo accademico, o il tracciamento dei pezzi di ricambio (originali, ovviamente!) che farà BMW lungo l’intera catena di fornitura tramite VeChain[2], oppure ancora la certificazione di un NFT[3].

Conclusioni

Per quanto possa risultare ostico e - in parte - controintuitivo, occorre separare le convinzioni personalmente maturate sul tema criptovalute (che siano queste più o meno corrette), dalla nuova realtà tecnologica rappresentata oggi dalla blockchain, sfruttando così quello che - di fatto - si presenta come un megatrend del futuro.

 

 

Alessandro Vannelli – PQL

 

 


[1] Come nel mondo reale una singola banconota non può essere spesa due volte nella stessa transazione, per permettere al sistema citato sopra di utilizzare in maniera affidabile una moneta virtuale è necessario che questa sia unica e quindi anch’essa non spendibile due volte.

[2] VeChain è un progetto nativo blockchain che mette a disposizione delle grandi imprese strumenti per il tracciamento della filiera e dei prodotti. Nata come soluzione layer 2 su Ethereum, dal 2018 si è spostata su blockchain proprietaria; ad oggi, si conferma come uno dei network più popolari ed è utilizzata da grandi marchi come BMW, De Cecco, PwC, LVMH.

[3] NFT: non-fungible token, una sorta di gettone digitale che viene salvato sulla blockchain dimostrando in maniera inequivocabile che il possessore del token è anche la persona che possiede l’opera digitale a esso collegata. Sono diventati il nuovo standard nel mondo dell’arte moderna.

 

 

 

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